Consigli prima di intraprendere il sentiero buddhista

Il Buddhismo insegna misure preventive pratiche da prendere per evitare difficoltà nell'affrontare le sfide della vita quotidiana. Esso esamina la fonte dei nostri problemi, individuandola nei nostri pensieri confusi e nei nostri atteggiamenti irrealistici, i quali guidano i turbamenti emozionali e il comportamento compulsivo. Attraverso la meditazione che contrasta i nostri abituali modi disfunzionali di pensare e di agire, e con l'ispirazione che otteniamo da chi è diventato più amorevole e positivo, possiamo trasformare le nostre menti per migliorare la qualità delle nostre vite quotidiane.

Se vogliamo capire cos’è il Buddhismo e come si applica alla nostra vita di tutti i giorni, un buon modo per iniziare consiste nell’esplorare la connotazione del termine tradizionale utilizzato negli insegnamenti e nella pratica buddhista: il Dharma. “Dharma” è una parola sanscrita il cui significato letterale è “misura preventiva”. È qualcosa che facciamo per evitare problemi. Se capiamo questo, comprenderemo l’intenzione alla base di tutto ciò che il Buddha ha insegnato.

Per avere interesse ad adottare delle misure preventive, dobbiamo renderci conto che nella vita ci sono problemi. Questo effettivamente richiede molto coraggio. Molte persone non prendono sul serio né la propria vita, né loro stessi. Lavorano duramente tutto il giorno, poi di sera si distraggono con vari divertimenti e così via, perché sono stanchi. Non guardano realmente dentro di sé, ai problemi della loro vita. Anche se lo fanno, rifiutano di riconoscere che la loro vita non è soddisfacente, perché ciò sarebbe troppo deprimente. Ci vuole coraggio per analizzare davvero la qualità della nostra vita e per ammetterlo onestamente se la troviamo insoddisfacente.

Situazioni insoddisfacenti e le loro cause

Naturalmente ci sono diversi livelli d’insoddisfazione. Potremmo dire: “A volte sono di cattivo umore e altre volte va tutto bene, ma non importa. Così è la vita.” Se siamo contenti di questo, bene. Se speriamo di poter migliorare un po' le cose, ciò ci conduce a cercare un modo per farlo. Per poter trovare dei metodi per migliorare la qualità della nostra vita, dobbiamo identificare la fonte dei nostri problemi. La maggior parte delle persone cercano la fonte dei propri problemi al di fuori di se stessi. “Sono in difficoltà nel mio rapporto con te a causa tua! Tu non ti comporti come vorrei che tu facessi”. Possiamo anche incolpare la situazione economica o politica per le nostre difficoltà. Secondo alcune scuole di psicologia, possiamo attribuire la responsabilità dei problemi che viviamo ad eventi traumatici della nostra infanzia. Incolpare gli altri della nostra infelicità è molto facile. Gettare la colpa su altre persone o su fattori economici o sociali non porta davvero ad una soluzione. Se seguiamo questa base concettuale, possiamo perdonare, e questo può recare un certo beneficio; ma la maggior parte delle persone scopre che facendo solo questo non si sono liberate veramente dai loro problemi psicologici e dall'infelicità.

Secondo il Buddhismo, anche se le altre persone, la società e così via contribuiscono ai nostri problemi, non ne costituiscono la fonte più profonda. Per scoprire la radice profonda dei nostri problemi dobbiamo guardare dentro noi stessi. Dopotutto, se ci sentiamo infelici, questa è una risposta alla nostra situazione. Persone diverse reagiscono diversamente alla stessa situazione. Anche se ci limitiamo a guardare noi stessi, possiamo vedere che da un giorno all’altro reagiamo diversamente ai problemi. Se la situazione esterna fosse la sola fonte dei problemi, dovremmo reagire ogni volta nello stesso modo, ma non lo facciamo. Alcuni fattori influenzano la nostra reazione, come l’aver avuto una buona giornata al lavoro, ma questi fattori contribuiscono solo superficialmente. Non vanno abbastanza in profondità.

Se osserviamo bene, cominciamo ad accorgerci che i nostri atteggiamenti verso la vita, verso noi stessi e verso le situazioni in cui ci troviamo determinano in gran parte come ci sentiamo. Per esempio, quando abbiamo una buona giornata, non proviamo costantemente autocommiserazione; ma quando non abbiamo una buona giornata, ecco che questo sentimento si ripresenta. Il nostro atteggiamento di base verso la vita determina in gran parte come viviamo la vita stessa. Se li analizziamo più profondamente, scopriamo che i nostri atteggiamenti sono fondati sulla confusione.


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La confusione come fonte di problemi

Se esploriamo la confusione, vediamo che uno dei suoi aspetti è la confusione riguardo la causa e l'effetto comportamentali. Siamo confusi su cosa fare o dire e su quale ne sarà il risultato. Possiamo essere molto confusi su che tipo di lavoro cercare, se sposarci, se avere bambini, ecc. Se entriamo in relazione con una persona, quale ne sarà il risultato? Non lo sappiamo. Le nostre impressioni su cosa accadrà in seguito alle nostre scelte sono davvero soltanto fantasie, basate su pie illusioni oppure paura e paranoia. Possiamo pensare che instaurando un rapporto intimo con una certa persona, poi vivremo per sempre felici, come nelle favole. Oppure potremmo avere paura che ci abbandoneranno, e quindi manteniamo un distacco emotivo. Se una situazione ci fa arrabbiare, pensiamo che urlare la risolverà. Abbiamo un'impressione molto confusa su come l’altra persona reagirà a quello che facciamo. Pensiamo che se urliamo e diciamo quello che pensiamo, ci sentiremo meglio e tutto andrà bene, ma tutto non andrà bene. Vogliamo sapere cosa accadrà. Consultiamo disperatamente l'astrologia o gettiamo le monete secondo il Libro dei Mutamenti, l’I Ching. Perché facciamo cose del genere? Vogliamo avere controllo su quello che accade.

Secondo il Buddhismo, un livello più profondo della confusione riguarda il modo di esistenza di noi stessi, degli altri e del mondo. Siamo del tutto confusi sulla questione del controllo. Pensiamo che sia possibile avere pieno controllo di quanto ci accade. Ad esempio, potremmo pensare che se nessun altro usa il nostro computer, non si bloccherà mai. E per questo motivo siamo frustrati quando le cose non vanno come volevamo. Non è possibile avere costantemente controllo. La realtà non è questa. La realtà è molto complessa. Oltre a ciò che facciamo noi, molte altre cose influiscono su quello che accade. Non è vero che non abbiamo nessun grado di controllo o che siamo manipolati da forze esterne a noi. Noi contribuiamo a quello che accade, ma non siamo l’unico fattore che determina gli avvenimenti.

A causa della nostra confusione e insicurezza, spesso agiamo in modo distruttivo senza nemmeno esserne consapevoli. Questo perché siamo soggetti all’influenza di emozioni e atteggiamenti disturbanti e all’impulsività del nostro comportamento abituale. Non solo ci comportiamo in modo distruttivo nei confronti degli altri; mettiamo in atto comportamenti distruttivi in primo luogo verso noi stessi. In altre parole, ci creiamo ancora più problemi. Se vogliamo ridurre i nostri problemi o liberarcene o in più, diventare capaci di aiutare anche gli altri a liberarsi dai loro problemi, dobbiamo riconoscere la fonte dei nostri limiti.

Liberarsi dalla confusione

Mettiamo di essere arrivati a riconoscere la confusione come fonte dei nostri problemi. Non è troppo difficile. Molti arrivano ad ammettere: “Sono davvero confuso; sono pieno di problemi”. E poi? Prima di spendere soldi per questo corso o quel ritiro, dobbiamo considerare molto seriamente se siamo davvero convinti che liberarsi dalla confusione sia possibile. Se non pensiamo di poterci liberare dalla confusione, allora che cosa stiamo cercando di fare? Se partecipiamo al corso o al ritiro soltanto con la mera speranza che sia possibile liberarsi dalla confusione, questo non è molto stabile: è una pia illusione.

Magari pensiamo che la libertà possa giungere a noi in diversi modi. Magari pensiamo che qualcuno ci salverà, forse un essere superiore, divino, come Dio, e così diventiamo di nuovo dei credenti. Altrimenti, possiamo rivolgerci ad un maestro spirituale, ad un partner, o a qualcun altro, purché ci salvi dalla nostra confusione. In questi casi è facile sviluppare dipendenza nei confronti di quella persona e comportarsi in modo immaturo. Spesso abbiamo un bisogno così disperato di trovare un salvatore che ci buttiamo sul primo che capita, senza discriminazione. Possiamo scegliere qualcuno che non è, lui per primo, libero dalla confusione, e che approfitta della nostra ingenua dipendenza. Questo modo di procedere non è stabile. Per eliminare tutta la nostra confusione non possiamo ricorrere ad un maestro spirituale o a una relazione. Noi stessi dobbiamo eliminare la nostra confusione.

Un rapporto con un maestro spirituale o con un partner può creare circostanze favorevoli, ma solo se si tratta di un rapporto sano. In caso contrario, non fa che peggiorare la situazione e aumentare la confusione. All'inizio possiamo essere in uno stato di rifiuto e pensare che l'insegnante o il partner siano perfetti, ma infine la nostra ingenuità svanirà. Quando cominciamo ad accorgerci delle debolezze dell'altra persona, e che non sarà lui o lei a salvarci dalla nostra confusione, allora cadiamo a pezzi. Ci sentiamo traditi. La nostra fede e la nostra fiducia sono state tradite. È una sensazione terribile! Fin dall'inizio, è molto importante cercare di evitare ciò. Dobbiamo adottare delle misure preventive. Dobbiamo comprendere che cos’è possibile e che cosa non lo è. Che cosa può fare un maestro spirituale e che cosa non può fare? Mettiamo in atto misure di prevenzione per evitare di cascare a pezzi.

Dobbiamo sviluppare uno stato mentale libero dalla confusione. La comprensione, che è l'opposto della confusione, impedirà alla confusione di sorgere. Il nostro compito nel Buddhismo è coltivare l'introspezione ed essere attenti ai nostri atteggiamenti, alle emozioni dannose e ai nostri comportamenti impulsivi, compulsivi o nevrotici. Questo significa essere disposti ad accorgerci di cose non piacevoli in noi stessi, cose che preferiremmo negare. Quando notiamo delle cose che ci causano problemi o sono sintomi dei nostri problemi, per superarle dobbiamo applicare degli antidoti. Tutto questo processo si basa sullo studio e sulla meditazione. Dobbiamo imparare ad identificare gli atteggiamenti e le emozioni dannose e la loro origine.

La meditazione

Meditare significa praticare l'applicazione dei vari antidoti in una situazione controllata, così da abituarci ad applicarli in modo da poterlo poi fare nella vita reale. Per esempio, se andiamo in collera con gli altri quando non agiscono come noi vorremmo, nella meditazione pensiamo a queste situazioni e cerchiamo di considerarle da un punto di vista diverso. L'altra persona si comporta in modo non piacevole per diversi motivi. Non lo fa necessariamente per dispetto, perché non ci vuole bene. Nella meditazione cerchiamo di dissolvere atteggiamenti come: “Il mio amico non mi vuole più bene perché non mi chiama”.

Se riusciamo ad allenarci ad attraversare questo tipo di situazione con uno stato mentale più rilassato, paziente e comprensivo, allora non perdiamo la testa, quando la persona non ci chiama per una settimana. Quando cominciamo ad essere turbati, ci ricordiamo che questa persona è probabilmente molto impegnata e che pensare di essere la persona più importante della sua vita non è che egocentrismo. Questo ci aiuta a calmare le nostre emozioni inquiete.

La pratica buddhista è un lavoro a tempo pieno

La pratica buddhista non è un hobby. Non è qualcosa che facciamo per sport o per rilassarci. La pratica buddhista è un lavoro a tempo pieno. Il nostro compito consiste nel lavorare sui nostri atteggiamenti verso ogni aspetto della nostra vita. Se per esempio stiamo cercando di sviluppare amore nei confronti di tutti gli esseri senzienti, dobbiamo applicarlo alla nostra famiglia. Molte persone stanno sedute nella propria stanza a meditare sull'amore, ma non sanno andare d'accordo con i loro partner o con i genitori. Questo è triste.

Evitare gli estremi

Cercando di applicare gli insegnamenti buddhisti alle situazioni della nostra vita reale, a casa o al lavoro, dobbiamo evitare gli estremi. Un estremo consiste nell'incolpare gli altri di tutto. L'altro estremo è prendere l'intera colpa su di noi. Gli avvenimenti della vita sono molto complessi. Ambedue le parti contribuiscono a ciò che accade: sia noi stessi sia gli altri diamo un contributo. Possiamo cercare d’indurre gli altri a cambiare atteggiamento o comportamento, ma tutti noi sappiamo per esperienza personale che non è un'impresa facile, specialmente se ci presentiamo come moralmente superiori e accusiamo gli altri di essere dei peccatori. Cercare di cambiare noi stessi è molto più semplice. Possiamo dare dei suggerimenti agli altri sempre che siano aperti e non diventino più aggressivi a causa dei nostri consigli, ma il grosso del lavoro è da fare su noi stessi.

Nel lavorare su noi stessi dobbiamo stare attenti ad un'altra coppia di estremi: nutrire una preoccupazione esclusiva per i nostri sentimenti, oppure non esserne affatto consapevoli. Nel primo caso, si tratta di una preoccupazione narcisistica. Ci interessiamo solo di quello che noi stessi proviamo. Tendiamo ad ignorare ciò che provano gli altri e a pensare che i nostri sentimenti siano di gran lunga più importanti di quelli degli altri. D'altra parte, può capitare che non siamo assolutamente in contatto con i nostri sentimenti o che non ne proviamo affatto, come se le nostre emozioni fossero anestetizzate con la Novocaina. Ci vuole un delicato equilibrio per evitare questi estremi; non è così facile.

Se osserviamo continuamente noi stessi mentre siamo con altre persone, si crea una dualità fittizia: noi e quello che stiamo facendo o provando. Quindi non ci rapportiamo veramente con gli altri e non siamo davvero con loro. La vera arte è relazionarsi con gli altri e agire con sincerità e naturalezza, mentre parte della nostra attenzione è concentrata sulla nostra motivazione e sul nostro atteggiamento. Dobbiamo provare a farlo, tuttavia senza che questo conduca ad un comportamento talmente dissociato da impedirci di essere presenti nella relazione. Se stiamo cercando di verificare quali siano la nostra motivazione e i nostri sentimenti durante il processo di relazionarci con qualcuno, talvolta è d'aiuto dirlo esplicitamente. Tuttavia è segno di narcisismo credere che dobbiamo necessariamente parlarne. Spesso agli altri non interessa cosa proviamo. Credere che a loro interessi è segno di presunzione. Se notiamo che stiamo cominciando a comportarci in modo egoista, possiamo smettere di farlo. Non c'è bisogno di fare proclami.

Un'altra coppia di estremi è il considerarsi totalmente buoni o del tutto cattivi. Se enfatizziamo in modo eccessivo le nostre difficoltà, problemi ed emozioni dannose, è probabile che cominciamo a sentirci cattivi, e questo sentimento degenera facilmente in senso di colpa. "Dovrei praticare. Se non lo faccio, sono una cattiva persona”. Questa è una base molto nevrotica per la pratica.

Dobbiamo anche evitare l'estremo opposto, cioè porre un’enfasi eccessiva sui nostri lati positivi. "Siamo tutti perfetti. Siamo tutti dei Buddha. Ogni cosa è meravigliosa”. Ciò è molto pericoloso, perché può implicare che non c'è nulla che dobbiamo smettere di fare, non dobbiamo abbandonare alcuna negatività perché tutto quello che c'è da fare è notare le nostre buone qualità fondamentali. "Sono meraviglioso, sono perfetto; non occorre che mi astenga da comportamenti negativi. Sono già un Buddha!”. Ci vuole equilibrio: quando ci sentiamo giù allora è bene ricordare la nostra abilità di eliminare tutti i difetti e diventare un Buddha; se invece ci sentiamo un po’ troppo blasé, allora dobbiamo ricordarci dei nostri lati negativi.

Prendersi la responsabilità

Fondamentalmente, dobbiamo prenderci noi stessi la responsabilità del nostro sviluppo e di liberarci dai problemi. Certo, ci serve aiuto; non è facile farlo da soli. Ci potranno essere d'aiuto i maestri o la comunità spirituale, persone che condividono la nostra visione e che stanno lavorando su loro stessi, che non si accusano l’un l’altro  delle rispettive difficoltà. Ecco perché in un rapporto è importante che i partner condividano, in particolare, la tendenza a non buttare sull'altro la colpa delle difficoltà che si presentano. Se i partner s'incolpano a vicenda, il rapporto proprio non funziona. Se uno solo dei partner lavora su di sé mentre l'altro non fa che incolpare, nemmeno allora funziona. Se siamo già coinvolti in una relazione con una persona che tende ad accusarci mentre noi cerchiamo di prenderci la nostra parte di responsabilità, certamente sarà più difficile ma ciò non significa che dobbiamo interrompere questa relazione. Dovremo cercare di evitare di diventare, in questo rapporto, un martire: "Sto sopportando tutta questa situazione, quanto è difficile!". Il tutto può essere molto nevrotico.

Ricevere ispirazione

Il sentiero buddhista non è facile. Esso affronta il lato brutto della vita. Dobbiamo essere forti per andare avanti; abbiamo bisogno di fonti stabili d’ispirazione. Se l'ispirazione proviene da maestri che ci raccontano storie fantastiche di miracoli o cose del genere, sia che riguardino loro stessi o altri nella storia del Buddhismo, questa non sarà una fonte d’ispirazione molto stabile. Certamente possono essere eccitanti, ma dobbiamo esaminare come influiscono su di noi. In molti casi non fanno che rinforzare un mondo fantastico nel quale ci aspettiamo di essere salvati per mezzo di miracoli. Immaginiamo che qualche grande stregone ci salverà con i suoi poteri miracolosi, o che noi stessi riusciremo improvvisamente a sviluppare queste facoltà miracolose. Dobbiamo essere molto cauti rispetto a queste storie fantastiche. Esse possono ispirarci nella nostra fede e così via, e questo può essere utile, ma non possono essere una stabile base d’ispirazione. Dobbiamo avere una base stabile.

Un esempio perfetto è proprio quello del Buddha. Buddha non cercava di "ispirare" le persone o far colpo su di loro raccontando storie fantastiche. Non si vantava andandosene in giro a benedire la gente e roba del genere. L'analogia che Buddha usava, riportata negli insegnamenti buddhisti, è che un Buddha è come il sole. Il sole non cerca di scaldare la gente. A causa della sua natura, porta spontaneamente a tutti calore, in modo naturale. Nonostante possiamo esaltarci per aver sentito una storia fantastica o essere stati toccati sulla testa con una statua o per aver ricevuto un cordino rosso da legarci al collo, ciò non è stabile. Una stabile fonte d'ispirazione risiede nel modo in cui il maestro naturalmente e spontaneamente è come persona: il suo carattere, il suo modo di essere come risultato di praticare gli insegnamenti buddhisti. Questo è ciò che ispira, non una commedia messa in atto per intrattenerci. Nonostante non sia eccitante come una storia fantastica, ci darà uno stabile senso d’ispirazione.

Progredendo, possiamo trarre ispirazione dal nostro stesso progresso, non per il fatto di aver acquisito poteri miracolosi, ma dal modo in cui lentamente il nostro carattere cambia. Gli insegnamenti insistono sempre sul rallegrarsi delle proprie azioni positive. È molto importante ricordare che il progresso non è mai lineare. Non è che ogni giorno va sempre meglio. Una delle caratteristiche della vita è che fin quando non siamo completamente liberi da tutti i nostri problemi ricorrenti in modo incontrollabile, il che accadrà ad uno stadio incredibilmente avanzato, il nostro umore continua ad avere alti e bassi. Ci dobbiamo aspettare che a volte ci sentiremo felici, a volte infelici. A volte saremo in grado di comportarci in modo positivo e altre volte le nostre abitudini nevrotiche prenderanno il sopravvento. Continueremo ad avere alti e bassi. Di solito i miracoli non accadono.

Gli insegnamenti sull'evitare i disagi relativi alle otto cose transitorie nella vita sottolineano l'importanza di non montarci la testa quando le cose vanno bene e di non deprimerci quando non vanno bene. Così è la vita. Dobbiamo tenere presenti gli effetti a lungo termine, non quelli a breve termine. Per esempio, se sono cinque anni che pratichiamo, rispetto a cinque anni fa avremo fatto molti progressi. Anche se qualche volta ci arrabbiamo, se notiamo che siamo in grado di affrontare le situazioni con una mente ed un cuore più chiari e più calmi, ciò indica che abbiamo fatto dei progressi. Questo ci è d’ispirazione. Non è un cambiamento drammatico, anche se ci piacerebbe che lo fosse e le cose drammatiche ci esaltano. È un’ispirazione stabile.


Video: Jetsunma Tenzin Palmo — “Come essere ispirati e continuare”
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Essere pratici

Bisogna essere piuttosto pratici e stare con i piedi per terra. Quando facciamo pratiche di purificazione, ad esempio, è importante non pensare che ci sia una figura esterna, un grande santo che ci perdona per i nostri peccati. Nel Buddhismo non ci sono santi che ci salveranno benedicendoci con una purificazione. Non funziona affatto così. Ciò che ci purifica è il fatto che le nostre menti sono naturalmente pure. Non sono intrinsecamente macchiate dalla confusione; la confusione può essere rimossa. Riconoscendo la purezza naturale della mente attraverso i nostri sforzi, possiamo lasciar andare i sensi di colpa, le potenzialità negative e così via. Questo consente al processo di purificazione di operare.

Inoltre, nel fare tutte queste pratiche e nel cercare d’integrare gli insegnamenti buddhisti nella nostra vita quotidiana, dobbiamo riconoscere ed ammettere il livello in cui ci troviamo. È essenziale non aver pretese e non credere di dover essere ad un livello più elevato di quello in cui ora ci troviamo.

Avvicinarsi al Buddhismo provenendo da un ambiente cattolico

Alcune persone che hanno interesse nel Buddhismo potrebbero provenire, ad esempio, da un ambiente cattolico. Se questo è il nostro caso, quando ci avviciniamo al Buddhismo e cominciamo a studiare, non dobbiamo sentirci costretti ad abbandonare il Cattolicesimo e convertirci al Buddhismo. Tuttavia è importante non mescolare le due pratiche. Non facciamo tre prostrazioni all'altare prima di sederci in una chiesa. Ugualmente, quando facciamo una pratica buddhista, non visualizziamo la Vergine Maria, ma le forme di Buddha. Pratichiamo ciascuna separatamente. Quando andiamo in chiesa, andiamo solo in chiesa; quando facciamo una meditazione buddhista, facciamo una meditazione buddhista.

Ci sono molti aspetti comuni, come l’enfasi sull'amore, sull'aiutare gli altri e così via. Ad un livello di base non c'è conflitto. Praticando l'amore, la carità e l'aiuto agli altri, possiamo essere sia dei buoni cattolici che dei buoni buddhisti. Ad un certo punto dovremo scegliere, ma questo solo quando saremo pronti a indirizzare tutti i nostri sforzi verso la realizzazione di un enorme progresso spirituale. Se vogliamo arrivare fino all'ultimo piano di un edificio, non possiamo salire due scalinate contemporaneamente. Credo che questo sia un paragone molto utile. Finché rimaniamo semplicemente al piano terra, all'ingresso, non c'è problema. Non dobbiamo preoccuparcene, possiamo trarre profitto da entrambe.

Evitare una lealtà fuori luogo

Nell'applicare il Buddhismo alla nostra vita, dobbiamo stare attenti a non rifiutare la religione in cui siamo cresciuti, considerandola negativa o inferiore. Questo è un grande errore. Rischieremmo di diventare dei buddhisti fanatici e, per esempio, dei fanatici anticattolici. La gente lo fa anche con il comunismo e la democrazia. Scatta un meccanismo psicologico denominato “lealtà fuori luogo”. Abbiamo la tendenza a voler essere leali nei confronti della nostra famiglia, del nostro ambiente e così via, quindi vogliamo esserlo anche nei confronti del Cattolicesimo, sebbene l'abbiamo respinto. Se non siamo leali nei confronti del nostro passato e lo respingiamo del tutto, giudicandolo negativo, poi noi stessi sentiremo d’essere completamente cattivi. Dato che ciò è estremamente spiacevole, inconsciamente sentiamo il bisogno di trovare qualche elemento del nostro passato al quale restare leali.

La tendenza è di restare inconsciamente leali a certi aspetti meno vantaggiosi del nostro passato. Per esempio, pur rifiutando il Cattolicesimo possiamo portarci dietro nel Buddhismo una gran paura dell'inferno. Una mia amica era una fervente cattolica, si è convertita con altrettanta convinzione al Buddhismo, poi è caduta in una crisi esistenziale. "Ho rifiutato il Cattolicesimo, quindi andrò nell'inferno cattolico; ma se rifiuto il Buddhismo e torno al Cattolicesimo, finirò nell'inferno buddhista!". Potrà suonare buffo, ma per lei era davvero un problema molto serio.

Spesso inconsciamente portiamo nella pratica del Buddhismo certi atteggiamenti tipici del Cattolicesimo. I più comuni sono il senso di colpa e l'attesa di miracoli o di qualcuno che ci salvi. Quando non pratichiamo sentiamo che dovremmo farlo e se non lo facciamo, siamo colpevoli. Queste idee non ci sono affatto d'aiuto. Quando le abbiamo, dobbiamo accorgercene. Dobbiamo guardare al nostro passato e riconoscerne gli aspetti positivi, così possiamo essere leali a questi piuttosto che a quelli negativi. Invece di pensare: "Ho ereditato il senso di colpa e la speranza nei miracoli”, possiamo pensare: "dal Cattolicesimo ho ereditato la tradizione dell'amore, della carità e del dare aiuto a chi è sfortunato”.

Possiamo fare la stessa cosa per quanto riguarda la nostra famiglia. Possiamo rifiutarla ed essere inconsciamente leali alle sue tradizioni negative, invece di essere consapevolmente leali a quelle buone. Se per esempio riconosciamo di essere molto grati per essere stati cresciuti nel Cattolicesimo, allora potremo andare per la nostra strada senza conflitti relativi al nostro passato e senza provare sentimenti negativi che possono pregiudicare il nostro progresso costantemente.

È importante cercare di comprendere la validità psicologica di quanto abbiamo detto. Se consideriamo negativo il nostro passato, la nostra famiglia, la religione in cui siamo nati, o qualunque altra cosa, tenderemo ad avere un atteggiamento negativo verso noi stessi. D'altro canto, se riconosciamo quanto c'è stato di positivo nel nostro passato e nella nostra storia, il nostro atteggiamento verso noi stessi tenderà ad essere più positivo. Questo ci aiuta ad essere molto più stabili lungo il nostro sentiero spirituale.

In sintesi

Bisogna procedere lentamente, passo dopo passo. Quando ascoltiamo o leggiamo insegnamenti molto avanzati, partecipiamo ad iniziazioni tantriche e cose simili, anche se i grandi maestri del passato hanno detto: "Appena ascoltate un insegnamento, mettetelo subito in pratica”, dobbiamo stabilire se è qualcosa di troppo avanzato per noi o se si tratta di qualcosa che possiamo praticare subito. Se è troppo avanzato, dobbiamo discernere quali sono i passi da fare per prepararci così da poter mettere in pratica l'insegnamento, e poi seguire questi passi. In breve, come diceva uno dei miei maestri, Ghesce Ngawang Dhargyey, "Se pratichiamo metodi di fantasia, otterremo risultati di fantasia; se pratichiamo metodi concreti otterremo risultati concreti”.

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