Il Buddhismo nel mondo di oggi

Il Buddhismo Theravada nel Sudest asiatico e nell’Asia orientale

India

Il Buddhismo cominciò a perdere la sua influenza in India nel VII secolo, e praticamente scomparve dopo la caduta dell’impero Pala nel XII secolo, fatta eccezione per le lontani regioni himalayane del nord. La fine del XIX secolo vide la rinascita del Buddhismo in India, quando il leader buddhista dello Sri Lanka Anagarika Dharmapala fondò la Maha Bodhi Society con l’aiuto di accademici inglesi. Il loro scopo principale era di restaurare i luoghi buddhisti di pellegrinaggio in India, ed ebbero grande successo nel costruire templi in tutti i siti buddhisti, ognuno dei quali ha monaci.

Negli anni ’50, Ambedkar cominciò un nuovo movimento buddhista all’interno della casta degli intoccabili, grazie al quale centinaia di migliaia di persone si convertirono al Buddhismo per evitare il marchio infamante della casta. L’ultimo decennio ha anche visto un interesse crescente nel Buddhismo da parte della classe media urbana. Al momento, i buddhisti rappresentano circa il 2% della popolazione indiana.

Sri Lanka

Lo Sri Lanka è stato un centro di apprendimento buddhista sin dal momento in cui il Buddhismo fu introdotto nel III secolo a.C. da Mahendra, il figlio dell’imperatore indiano Ashoka. Lo Sri Lanka possiede la più lunga storia ininterrotta del Buddhismo. Questo paese ha anche sperimentato lunghi periodi di declino durante periodi di guerra, e dal XVI secolo in avanti quando l’isola fu colonizzata, e quando missionari europei cercarono di convertire [il popolo locale] al Cristianesimo.

Il Buddhismo ha vissuto una forte ripresa nel XIX secolo grazie all’aiuto di accademici inglesi e di teosofi, e quindi il Buddhismo dello Sri Lanka è stato a volte caratterizzato come “Buddhismo protestante”, ponendo l’accento sullo studio accademico, sulle attività pastorali compiute dai monaci per la comunità laica, e sulle pratiche di meditazione per i laici. Il paese ottenne l’indipendenza nel 1948, e da allora c’è stata una forte ripresa dell’interesse nella religione e nella cultura buddhiste.

Al giorno d’oggi, il 70% della popolazione dello Sri Lanka è buddhista, e la maggioranza delle persone seguono la tradizione Theravada. Dopo trent’anni di guerra civile, lo Sri Lanka sta ora assistendo ad un aumento del Buddhismo nazionalista, con alcune associazioni come la Bodu Bala Sena (Forza di Potere Buddhista) che organizzano sommosse contro i musulmani e attacchi contro i leader buddhisti moderati.

Myanmar (Birmania)

La ricerca storica ha dimostrato che il Buddhismo ha una storia di più di 2000 anni nella Birmania, e circa l’85% della popolazione al momento si identifica come buddhista. C’è stata una lunga tradizione di un’enfasi equilibrata sulla meditazione e lo studio per la comunità monastica, e la popolazione laica mantiene una grande fede. Uno dei più famosi buddhisti birmani è S.N. Goenka, un maestro laico di tecniche meditative vipassana.

Da quando la Birmania ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1948, sia i governi civili che quelli militari hanno promosso il Buddhismo Theravada. Sotto il regime militare, il Buddhismo era rigorosamente controllato, e monasteri che ospitavano dissidenti venivano di norma distrutti. I monaci spesso sono stati in prima linea nelle dimostrazioni politiche contro il regime militare, come la Sommossa 8888 e la Rivoluzione dello Zafferano nel 2007.

Nel corso dell’ultimo decennio, sono emersi vari gruppi nazionalisti che cercano di ravvivare il Buddhismo e di opporsi all’Islam. Ashin Wirathu, il monaco leader del Gruppo 969, si definisce come “il Bin Laden birmano”, ed ha proposto il boicottaggio di negozi appartenenti ai musulmani. Sotto l’apparenza di “proteggere il Buddhismo”, sono comunemente avvenuti episodi di violenza contro moschee e case di musulmani, con contrattacchi da parte dei musulmani che hanno alimentato ulteriormente le fiamme.

Bangladesh

Il Buddhismo era la fede predominante della regione fino all’XI secolo. Oggigiorno, meno dell’1% della popolazione è buddhista, ed è concentrata nelle distese collinari di Chittagong vicino la Birmania.

Ci sono quattro templi buddhisti a Dhaka, la capitale, e numerosi templi in tutti i villaggi orientali. Tuttavia, essendo tagliata fuori dalla Birmania, il livello di pratica e comprensione del Buddhismo è piuttosto basso.

Thailandia

Il Buddhismo fu introdotto negli imperi del Sudest asiatico a partire dal V secolo d.C. Qui si segue la tradizione Theravada, con una forte influenza proveniente dalla religione tradizionale e dall’Induismo, e anche dal Buddhismo Mahayana. A differenza dello Sri Lanka e della Birmania, non c’è mai stato un lignaggio di ordinazione per le donne. Circa il 95% del paese è buddhista.

La comunità monastica thailandese è modellata sulla monarchia thailandese, e quindi ha un Patriarca Supremo e anche un Consiglio di Anziani, che hanno la responsabilità di mantenere la purezza della tradizione. Ci sono comunità monastiche che dimorano nelle foreste, e quelle che vivono nei villaggi. Entrambe sono oggetto di grande venerazione e supporto da parte della comunità laica.

I monaci mendicanti delle tradizioni forestali vivono in giungle isolate e si dedicano ad una meditazione intensa, seguendo strettamente le regole monastiche. I monaci dei villaggi principalmente memorizzano testi e compiono cerimonie per la gente locale. Mantenendo la credenza culturale tailandese negli spiriti, questi monaci offrono anche amuleti alla gente laica per protezione. C’è un’università monastica buddhista, principalmente per formare i monaci a tradurre le scritture buddhiste dal Pali classico nella moderna lingua thailandese.

Laos

Il Buddhismo raggiunse la prima volta il Laos durante il VII secolo d.C., e ora il 90% della popolazione afferma di credere nel Buddhismo mischiato con l’animismo. Durante il regime comunista, le autorità all’inizio non repressero apertamente la religione, ma usarono il sangha buddhista per avanzare i propri obiettivi politici. Gradualmente, il Buddhismo fu soggetto ad una severa repressione. A partire dagli anni ’90, il Buddhismo ha visto una rinascita; la maggior parte dei laotiani sono molto devoti, e la maggioranza degli uomini entrano a far parte di un monastero o un tempio almeno per un breve periodo. La maggior parte delle famiglie offre cibo ai monaci, e visita i templi nei giorni di luna piena.

Cambogia

Il Buddhismo Theravada è stato la religione di stato a partire dal XIII secolo, con il 95% della popolazione che è tuttora buddhista. Durante gli anni ’70, i Khmer Rossi tentarono di distruggere il Buddhismo e per poco non ebbero successo; nel 1979, quasi tutti i monaci erano stati uccisi o mandati in esilio, e ogni tempio e biblioteca erano stati distrutti.

Dopo la reintegrazione del Principe Sihanouk come re, le restrizioni furono revocate gradualmente, e l’interesse nel Buddhismo rinacque. I cambogiani credono molto anche nelle divinazioni, nell’astrologia e nel mondo degli spiriti, e i monaci sono spesso dei guaritori. I monaci buddhisti partecipano in un vasto assortimento di cerimonie, che vanno dalle cerimonie dei nomi per i bambini ai matrimoni e ai funerali.

Vietnam

Il Buddhismo giunse in Vietnam 2000 anni fa, prima dall’India, ma poi principalmente dalla Cina. Tuttavia, cominciò a perdere il favore delle classi dominanti nel XV secolo. Una ripresa avvenne agli inizi del XX secolo, ma durante il periodo repubblicano, politiche a favore del Cattolicesimo si contrapposero ai buddhisti. Al giorno d’oggi, solo il 16% della popolazione professa il Buddhismo, ma è ancora la religione più grande.

Il governo è ora più rilassato sul Buddhismo, anche se non è permesso a nessun tempio di funzionare in maniera indipendente dallo stato.

Indonesia e Malesia

Il Buddhismo giunse in quest’area all’incirca nel II secolo d.C., viaggiando attraverso le vie del commercio con l’India. Per gran parte della sua storia, il Buddhismo fu praticato assieme all’Induismo fino al XV secolo, quando l’ultimo impero induista-buddhista, Majapahit, cadde. All’inizio del XVII secolo, l’Islam aveva rimpiazzato completamente queste religioni.

Secondo la politica panchashila del governo indonesiano, le religioni ufficiali devono affermare la fede in Dio. Il Buddhismo non afferma Dio come un essere individuale, ma è riconosciuto grazie alla sua affermazione dell’Adibuddha, o “Primo Buddha”, come discusso nel Tantra di Kalachakra, che aveva prosperato in India mille anni prima. Adibuddha è il creatore onnisciente di tutte le apparenze, oltre il tempo ed altre limitazioni, e sebbene sia rappresentato da una figura simbolica, non si tratta effettivamente di un essere. Adibuddha si trova in tutti gli esseri come la natura di chiara luce della mente. Su questa base, il Buddhismo fu accettato insieme all’Islam, l’Induismo, il Confucianesimo, il Cattolicesimo e il Protestantesimo.

Monaci dello Sri Lanka hanno cercato di ravvivare il Buddhismo Theravada a Bali e in altre parti dell’Indonesia, ma su scala molto limitata. Quelle persone che mostrano interesse a Bali sono seguaci della tradizionale miscela balinese di Induismo, Buddhismo e religione locale degli spiriti. In altre parti dell’Indonesia i buddhisti, che rappresentano circa il 5% della popolazione, provengono dalla comunità indonesiana di origine cinese. Ci sono anche alcune sette buddhiste indonesiane molto piccole che sono ibridi di aspetti theravada, cinesi e tibetani.

Il 20% della popolazione malese aderisce al Buddhismo ed è principalmente composta da comunità cinesi d’oltremare. Mezzo secolo fa ci fu un declino dell’interesse nel Buddhismo, e nel 1961 la Buddhist Missionary Society fu fondata con l’obiettivo di diffondere il Buddhismo. L’ultimo decennio ha visto un forte aumento nella pratica buddhista, persino nella gioventù. Ci sono ora numerosi centri Theravada, Mahayana e Vajrayana che sono ben finanziati e sostenuti.

Il Buddhismo Mahayana nell’Asia orientale

Repubblica popolare cinese

Il Buddhismo ha giocato un ruolo di primo piano negli ultimi 2000 anni di storia cinese, e il Buddhismo cinese stesso ha giocato un ruolo dinamico nella diffusione del Buddhismo nell’Asia orientale. La prima dinastia Tang (618-907 d.C.) ha assistito ad un’età dell’oro per il Buddhismo, con il fiorire dell’arte e della letteratura.

Durante la Rivoluzione Culturale degli anni ’60 e ’70, la maggior parte dei monasteri buddhisti cinesi fu distrutta e la maggioranza dei monaci, monache e maestri ben istruiti fu giustiziata o messa in prigione. La soppressione del Buddhismo fu persino più intensa nel Tibet e nella Mongolia interna. Quando la Cina avviò le riforme e si aprì, l’interesse nelle religioni tradizionali crebbe nuovamente. Furono costruiti nuovi templi e quelli vecchi furono restaurati. La maggioranza delle persone che entrò a far parte dei monasteri proveniva da famiglie povere e senza educazione delle campagne, e i livelli d’istruzione sono rimasti bassi. Molti templi esistono semplicemente come luoghi per turisti, con i monaci che fungono semplicemente da bigliettai e custodi del tempio.

Oggigiorno, un gran numero di cinesi è interessato al Buddhismo, e la devozione per il Buddhismo tibetano sta aumentando vistosamente. Le stime attuali indicano che la popolazione buddhista sia al 20%, e templi in tutta la Cina sono molto attivi durante tutte le ore di apertura. Siccome le persone sono diventate più ricche e più impegnate, molte stanno cercando di sfuggire allo stress informandosi sul Buddhismo cinese e tibetano. Il Buddhismo tibetano è di particolare interesse per molti cinesi han, specialmente perché un numero crescente di lama tibetani insegnano in cinese.

Taiwan, Hong Kong e aree cinesi d’oltremare

Le tradizioni del Buddhismo Mahayana dell’Asia orientale derivanti dalla Cina sono più forti a Taiwan e a Hong Kong. Taiwan possiede una forte comunità monastica di monaci e monache sostenute molto generosamente dalla comunità laica. Ci sono università buddhiste e programmi buddhisti di assistenza sociale. Hong Kong possiede anche una fiorente comunità monastica. L’enfasi tra le comunità buddhiste cinesi d’oltremare in Malesia, Singapore, Indonesia, Thailandia e nelle Filippine è posta nelle cerimonie per il bene degli antenati, e per la prosperità e la ricchezza dei viventi. Ci sono molti medium mediante i quali gli oracoli buddhisti parlano in trance, che la comunità laica consulta per problemi psicologici e di salute. Uomini d’affari cinesi, la principale forza trainante di queste economie (le tigri dell’Asia), fanno di frequente donazioni generose ai monaci per compiere rituali per il loro successo finanziario. Taiwan, Hong Kong, Singapore e la Malesia hanno anche un numero crescente di buddhisti tibetani.

Corea del sud

Il Buddhismo giunse nella penisola coreana dalla Cina nel III secolo d.C. Il Buddhismo nella Corea del sud è tuttora relativamente forte, nonostante i crescenti attacchi delle organizzazioni fondamentaliste cristiane. L’ultimo decennio ha visto la distruzione o il danneggiamento di un gran numero di templi buddhisti a causa di incendi provocati da questi gruppi. Il 23% della popolazione è buddhista.

Giappone

Il Buddhismo giunse in Giappone dalla Corea durante il V secolo, ed ha giocato un ruolo di primo piano nella società e nella cultura giapponese. A partire dal XIII secolo prese piede una tradizione di preti del tempio sposati senza divieto di bere alcool. Questi preti rimpiazzarono gradualmente la tradizione di monaci celibi. Storicamente, alcune tradizioni buddhiste sono state estremamente nazionaliste, credendo che il Giappone fosse un paradiso buddhista. In tempi moderni, anche alcune sette fanatiche dell’apocalisse si definiscono buddhiste, sebbene abbiano molto poco a che fare con gli insegnamenti del Buddha Shakyamuni.

Circa il 40% della popolazione si identifica come buddhista, e la maggior parte dei giapponesi mischiano le credenze del Buddhismo con la tradizionale religione giapponese, lo Shinto. Le nascite e i matrimoni sono celebrati secondo i costumi dello Shinto, mentre i preti buddhisti eseguono i rituali per i funerali.

I templi in Giappone sono mantenuti in modo eccellente sia per i turisti che per i visitatori, sebbene molti siano proprio commerciali. Nella maggior parte dei casi, lo studio e la pratica effettiva sono fortemente indebolite. Una delle più grandi organizzazioni mondiali buddhiste, Soka Gakkai, ha avuto origine in Giappone.

Buddhismo Mahayana dell’Asia centrale

Tibet

Il Buddhismo giunse in Tibet fin dal VII secolo d.C. Nel corso dei secoli, con l’appoggio dei reali e il sostegno dell’aristocrazia, il Buddhismo si radicò nei vari aspetti della vita tibetana.

Dopo l’occupazione del Tibet da parte della Repubblica popolare cinese, il Buddhismo in Tibet fu severamente represso. Tutti tranne 150 dei 6500 monasteri e conventi furono distrutti, e la vasta maggioranza di monaci istruiti fu giustiziata o morì in campi di concentramento. Dopo la Rivoluzione Culturale, la gran parte della ricostruzione dei monasteri avvenne grazie agli sforzi dei vecchi monaci, della popolazione locale e dei tibetani in esilio, con il governo che ha aiutato a ricostruirne solo due o tre.

Il governo comunista cinese è ateo, ma permette cinque “religioni riconosciute”, una delle quali è il Buddhismo. Sebbene il governo affermi di non interferire in questioni religiose, dopo che il Dalai Lama riconobbe un ragazzino tibetano come la reincarnazione del Panchen lama, il ragazzino e la sua famiglia tempestivamente scomparvero. Poco dopo, il governo cinese lanciò una propria ricerca, e identificò un ragazzo metà cinese e metà tibetano. Il prescelto del Dalai Lama da quel momento non fu mai più visto.

Oggigiorno, ogni monastero, convento, e tempio possiede il suo team di lavoro del governo. Si tratta di poliziotti, uomini e donne, in borghese, che “aiutano” in vari compiti. Questo fondamentalmente significa che osservano e fanno rapporto sulla comunità monastica. Questi gruppi di lavoro possono essere grandi quanto la stessa popolazione monastica. A parte l’interferenza del governo, uno dei problemi principali che i buddhisti affrontano in Tibet è la mancanza di maestri qualificati. I monaci, le monache, e i laici sono tutti molto desiderosi di imparare di più, ma la maggioranza degli insegnanti ha soltanto una formazione limitata. Nell’ultimo decennio, il governo ha lanciato una “università” buddhista vicino a Lhasa. Essa funge da scuola di formazione per giovani tulku, dove imparano la lingua tibetana, la calligrafia, la medicina e l’agopuntura, e anche un po’ di filosofia buddhista. L’era digitale ha avvicinato i giovani tibetani laici al Buddhismo. Molti di loro diventano membri di gruppi Wechat e Weibo che condividono storie e insegnamenti buddhisti. Imparare di più sul Buddhismo è ora visto come un modo per rafforzare la propria identità di un “vero tibetano”.

Turkestan orientale

La maggior parte dei monasteri dei mongoli calmucchi residenti nel Turkestan orientale (Xinjiang) fu distrutta durante la Rivoluzione Culturale. Molti di questi sono ora stati ricostruiti, ma c’è una carenza ancora più forte di maestri rispetto al Tibet. Nuovi giovani monaci sono diventati molto scoraggiati dalla mancanza di centri di studio e molti se ne sono andati.

Mongolia interna

La situazione peggiore per i buddhisti tibetani sotto il controllo della Repubblica popolare cinese, tuttavia, era nella Mongolia interna. La maggior parte dei monasteri nella metà occidentale fu distrutta durante la Rivoluzione Culturale. Nella metà orientale, che era precedentemente parte della Manciuria, molti erano già stati distrutti dalle truppe di Stalin alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando i russi aiutarono a liberare la Cina del Nord dai giapponesi. Di 700 monasteri, ne rimasero solo 27.

A partire dagli anni ’80, sono stati compiuti degli sforzi per ristabilire i templi e ricostruire i monasteri, che sono frequentati non solo da mongoli, ma anche da cinesi han.

Mongolia

In Mongolia, c’erano migliaia di monasteri, ognuno dei quali fu parzialmente o totalmente distrutto nel 1937 per ordine di Stalin. Nel 1944, un monastero fu riaperto ad Ulaan Baatar come gesto di pura facciata, e negli anni 1970 fu aperto un istituto superiore che offriva una formazione di cinque anni per monaci. Il curriculum era molto abbreviato e poneva un forte accento sugli studi marxisti, e ai monaci era consentito di compiere un numero limitato di rituali per il pubblico. Sin dalla caduta del comunismo nel 1990, c’è stata una forte rinascita del Buddhismo con l’aiuto dei tibetani in esilio. Molti nuovi monaci vengono mandati in India per la formazione, e più di 200 monasteri di dimensioni modeste sono stati ricostruiti.

Uno dei problemi più seri che il Buddhismo ha dovuto affrontare in Mongolia dopo il 1990 fu l’arrivo di aggressivi missionari cristiani mormoni, avventisti e battisti, che vengono con il pretesto di insegnare l’inglese. Offrono soldi e aiuto per i figli dei locali per studiare in America se si convertono, e distribuiscono gratis dei libretti su Gesù, meravigliosamente stampati, nella lingua mongola colloquiale. La maggior parte dei templi buddhisti semplicemente non può competere con questo per via dei limiti finanziari. Con i giovani che sono sempre più attratti dal Cristianesimo, le organizzazioni buddhiste hanno cominciato a distribuire informazioni sul Buddhismo nella lingua colloquiale, mediante materiali stampati, show televisivi e programmi radio.

La conversione religiosa aggressiva ora è vietata in Mongolia. Nel 2010, il 53% della popolazione era buddista e il 2,1% cristiana.

Tibetani in esilio

Tra le tradizioni tibetane dell’Asia centrale, la più forte è la comunità di rifugiati tibetani attorno a Sua Santità il Dalai Lama, in esilio in India sin dalla rivolta popolare del 1959 contro l’occupazione militare cinese del Tibet. Hanno fatto ripartire la maggioranza dei principali monasteri e molti conventi del Tibet, e possiedono il tradizionale programma completo di formazione per monaci accademici, maestri di meditazione e insegnanti. Vi sono strutture per l’istruzione, la ricerca e la pubblicazione per preservare tutti gli aspetti di ciascuna scuola della tradizione buddhista tibetana.

I tibetani in esilio hanno aiutato a rivitalizzare il Buddhismo nelle regioni himalayane dell’India, del Nepal e del Bhutan, incluso il Ladakh e il Sikkim, inviando maestri e ritrasmettendo i lignaggi. Molti monaci e monache di queste regioni stanno ricevendo la loro educazione e la formazione nei monasteri e nei conventi dei rifugiati tibetani.

Nepal

Sebbene la maggioranza della popolazione nepalese sia induista, ci sono forti influenze culturali buddhiste ancora evidenti nel paese di nascita del Buddha. Gruppi etnici come i Newar, i Gurung e i Tamang praticano la forma tradizionale del Buddhismo nepalese. I buddhisti rappresentano il 9% della popolazione.

Seguendo una miscela di Buddhismo e Induismo, il Nepal è l’unica società buddhista che mantiene le distinzioni di casta all’interno dei monasteri. Negli ultimi 500 anni si è assistito alla comparsa di monaci sposati, con una casta ereditaria che assume il ruolo di custode del tempio e leader dei rituali.

Russia

La Buriazia, la Tuva e la Calmucchia sono tre regioni della Russia che seguono tradizionalmente il Buddhismo tibetano. Fatta eccezione solo per tre monasteri nella Buriazia che furono solo danneggiati, tutti i monasteri di queste aree, furono totalmente distrutti da Stalin verso la fine degli anni ’30. Negli anni ’40, Stalin riaprì come gesto di pura facciata due monasteri nella Buriazia, sotto la stretta sorveglianza del KGB; monaci che si erano tolti la tonaca la indossavano come divisa durante il giorno per eseguire i rituali. Dopo la caduta del comunismo, c’è stata una grande rinascita del Buddhismo in tutte le tre regioni. I tibetani in esilio hanno inviato maestri, e nuovi giovani monaci vengono mandati nei monasteri tibetani in India per la loro formazione. Più di 20 monasteri sono stati ristabiliti nella Buriazia, nella Tuva e in Calmucchia.

Paesi non buddhisti

Conoscenze dettagliate sul Buddhismo giunsero nell’Europa del XIX secolo per via della colonizzazione europea di paesi buddhisti, e tramite il lavoro di missionari ed accademici cristiani. Più o meno nello stesso periodo, lavoratori immigrati cinesi e giapponesi costruirono templi nell’America del Nord.

Tutte le forme del Buddhismo sono presenti in tutto il mondo, in paesi che tradizionalmente non erano buddhisti. Ci sono due gruppi principali coinvolti: immigrati asiatici e praticanti non asiatici. Gli immigrati asiatici, particolarmente in Australia e negli Stati Uniti, e in una certa misura in Europa, hanno molti templi delle loro tradizioni. L’enfasi principale di questi templi consiste nel promuovere pratiche di devozione ed offrire un centro sociale per aiutare le comunità di immigrati a mantenere le loro specifiche identità culturali, Ci sono ora più di quattro milioni di buddhisti in America, e più di due milioni di buddhisti in Europa.

Migliaia di “centri di Dharma” buddhisti di tutte le tradizioni sono ora presenti in più di 100 paesi nel mondo, e in ogni continente. La maggior parte di questi centri tibetani, Zen e Theravada sono frequentati da non asiatici e pongono l’accento sulla meditazione, lo studio e la pratica rituale. I maestri includono sia occidentali sia buddhisti etnici dell’Asia. Il numero più grande di centri è presente negli Stati Uniti, in Francia e in Germania. Molti studenti seri visitano l’Asia per una formazione più approfondita. Inoltre, ci sono programmi di studi buddhisti in numerose università in tutto il mondo e ci sono un dialogo e uno scambio di idee sempre crescente tra il Buddhismo e le altre religioni, la scienza, la psicologia e la medicina. Sua Santità il Dalai Lama ha giocato un ruolo molto rilevante a questo proposito.

Video: Geshe Tashi Tsering — “Il Buddhismo nei prossimi 100 anni”
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