I consigli del Dalai Lama per i centri buddhisti

L’importanza di ottenere benessere mentale e pace

Davvero sono molto, molto felice, ed è un grande onore per me incontrare persone, inclusi tibetani, che realmente si dedicano al Buddhadharma. Vorrei condividere alcuni punti con voi.

Vi sono sette miliardi di esseri umani, e come sapete cito sempre il fatto che tutti desiderano una vita felice. Fino ad ora, molte persone hanno pensato che la sorgente ultima di una vita felice siano il denaro o le comodità materiali. Ora negli ultimi anni, credo forse a causa delle crisi economiche globali, vi è stata una sorta di risveglio per quelle persone che avevano quasi dato per scontato che fino a quando c’è denaro allora non ci sono problemi. Ora le persone hanno dei dubbi sul fatto che la nostra attuale maniera di vivere sia realmente giusta, o se manchi invece qualcosa. Soprattutto credo che un certo numero di scienziati abbiano iniziato a percepire come il benessere e la pace mentali siano fattori molto importanti, anche solo per un corpo sano.

Per quanto ne so, vi è il Mind and Life Institute che sta davvero facendo uno sforzo per educare le persone. Dobbiamo prestare maggiore attenzione alla nostra pace interiore, e al raggiungimento di una mente calma. A questo riguardo, naturalmente, credo che le varie tradizioni religiose abbiano il potenziale per contribuire a promuovere i valori interiori.

Differenti visioni filosofiche all’interno del Buddhismo

Nel Buddhismo, il Buddha insegnò tre veicoli, noti come shravaka-yana, pratekyabuddha-yana e bodhisattva-yana. Dal punto di vista filosofico abbiamo quattro diverse scuole di pensiero – Vaibhashika, Sautrantika, Chittamatra and Madhyamaka. A livello generale, possiamo dire che un’unica persona, pensatore, filosofo insegnò queste diverse visioni filosofiche. Perché? Il Buddha realizzò e riconobbe che persone differenti hanno differenti disposizioni mentali, e perciò egli dovette mostrare diversi veicoli o diverse visioni filosofiche. Per noi, come studenti della tradizione di Nalanda, queste cose ci sono abbastanza familiari. Sulla base di questo esempio vediamo dunque come sia molto utile apprezzare tutte le diverse tradizioni religiose.

Principi morali per individui religiosi e non-religiosi

Recentemente ho visto in un rapporto che dei sette miliardi di persone, un miliardo ha formalmente abbandonato, rigettato la propria religione. È un numero molto grande! Una persona su sette è atea. E tra i credenti, si sente spesso parlare di scandali, sfruttamenti o altre cose insane, quindi questo mostra chiaramente che anche tra i sei miliardi di fedeli ve ne sono tanti non molto seri. A volte ho descritto la religione come qualcosa che ci insegna la pratica dell’ipocrisia: dire qualcosa di buono, ma fare diversamente. Dunque questo mostra chiaramente come queste persone prendano la loro tradizione religiosa soltanto come una sorta di consuetudine – magari hanno alcuni momenti di serietà al giorno, ma per le rimanenti ventiquattro ore non sono molto seri. Questo è un male, e mostra una mancanza di convinzione nell’etica morale. Perciò ora abbiamo bisogno di uno sforzo serio per giungere a tale convinzione. L’etica morale non è una faccenda religiosa, o un affare di Dio, o del Buddha; è un problema nostro, una nostra preoccupazione.

Chiunque realmente viva la propria vita secondo principi morali sarà lui stesso o lei stessa ad essere una persona molto più felice, in quanto attraverso i principi morali tutte le azioni, verbali e fisiche, diventano positive. Come risultato di ciò si eseguiranno tutti i propri compiti con trasparenza, e attraverso questo, si otterranno più amicizie e anche maggiore sicurezza in se stessi.

Secolarismo

Credo che alcune religioni esitino realmente di fronte alla parola “secolare.” Secondo il Buddhismo, e ovviamente in generale secondo la tradizione indiana, l’idea di secolarismo ha già più di tremila anni. Secondo la concezione indiana di secolarismo, si dovrebbero rispettare i non credenti. Come accennavo prima, se il Buddha arrivasse oggi, credo che guarderebbe seriamente anche ai non credenti come ad esseri umani e non imporrebbe loro alcuna sorta di credo da dover accettare. Quindi, per i centri e le comunità buddhisti, dobbiamo in primo luogo pensare seriamente a come dare un contributo alla promozione dell’etica morale, utilizzando soprattutto un approccio secolare.

Dico sempre che noi come buddhisti non dovremmo cercare di propagare la nostra tradizione. Nel corso di diversi decenni ho avuto l’opportunità di parlare e spiegare la filosofia buddhista, il Buddhadharma, in America, Europa e in molti altri paesi non buddhisti, e metto sempre in chiaro come sia meglio mantenere la propria tradizione. Cambiare religione non è facile. Penso che tutti lo sappiate, perciò non cerco mai di fare proselitismo. Ovviamente essendo buddhista, se qualcuno mostra un genuino interesse per il Buddhismo questo mi rende felice. Ma non direi mai a nessuno che dovrebbe seguire il Buddhismo. Sarebbe come interferire con i suoi diritti come individuo, specialmente in occidente o in paesi non buddhisti.

Prendere se stessi come esempio

C’è un detto tibetano che dice che si dovrebbe prendere se stessi come esempio nel non danneggiare gli altri. Immaginate se una tradizione non buddhista costruisse un grande tempio in uno degli insediamenti tibetani in India: credo che i tibetani si potrebbero sentire a disagio. E dunque qui, in un paese con un retaggio giudaico-cristiano, se iniziamo a costruire grandi centri di Buddhismo tibetano alcune persone potrebbero non avere problemi, ma alla stesso tempo si starebbe interferendo con il loro credo. Una volta in Francia un donatore voleva costruire una sorta di grande centro, ma ho indicato che non sarebbe stato opportuno farlo in Francia. Se vuoi davvero fare una donazione o avere una qualche sorta di grande centro, allora è preferibile un luogo come la Thailandia, o qualche altro paese buddhista, oppure l’India. Questo è qualcosa da tenere bene in mente, ossia avere un po’ di sensibilità. Si dovrebbe pensare a se stessi e a cosa accadrebbe a noi se altri facessero cose simili.

Negare la religione vs. negare la morale

Come si diceva in precedenza, il Buddhadharma concorda con le disposizioni mentali delle persone, perciò il Buddha insegnò diverse filosofie e diversi metodi. Ora siamo giunti al ventunesimo secolo, e vi è un gran numero di non credenti. Dobbiamo perciò pensare seriamente a come aiutare questi atei a diventare comunque persone più sensibili e compassionevoli. L’unico modo per farlo è attraverso l’istruzione, attraverso le scoperte scientifiche e usando il nostro buonsenso e la nostra esperienza – in questo modo siamo in grado di educare i non credenti. Si, si può benissimo rimanere non credenti, è assolutamente giusto. Anche se si è contro la religione va bene, non è un problema. Ma devono comunque essere persone più compassionevoli, perché è nel loro interesse. Perciò negare la religione va bene, ma negare i principi della morale porta certamente alla distruzione.

Credo che i nostri centri buddhisti presenti nei diversi paesi dovrebbero pensare di più, non solo a dare informazioni ai praticanti buddhisti, ma anche a come dare un contributo, anche se piccolo, al miglioramento della società in cui si vive. Una volta visitai un centro d’ospizio di Lama Zopa in Australia, un servizio per persone morenti.

Vi erano alcune monache buddhiste tibetane e alcune europee che si prendevano cura dei pazienti, quindi stanno facendo davvero qualcosa di utile.

Affrontare le emozioni negative nella letteratura buddhista

Come risultato dall’aver incontrato e aver avuto una serie di discussioni con scienziati e altre persone nel corso degli ultimi trent’anni, è diventato chiaro finalmente come un certo numero di scienziati abbiano davvero trovato alcune informazioni utili a proposito della mente, delle emozioni, e di come affrontare le emozioni, all’interno della letteratura buddhista. Nel corso degli ultimi due o tre anni ho suggerito come i contenuti dei trecento volumi del Kangyur e del Tengyur possano essere divisi in tre parti. Una parte tratta della materia, del tempo, della mente e delle emozioni – questa possiamo considerarla come la parte scientifica. La seconda parte è filosofica, e riguarda la filosofia madhyamaka, che è molto simile alla fisica quantistica. Perciò neanche questa parte la possiamo considerare come riguardante la pratica della religione. Abbiamo dunque due parti – la scienza, la filosofia, e infine la terza parte, la religione.

I nostri vari centri dovrebbero iniziare corsi d’insegnamento sulla mente, sulle emozioni e così via, ma senza menzionare il nirvana o il moksha (liberazione). Naturalmente noi crediamo molto nel moksha, ma è difficilissimo da raggiungere! Diciamo spesso moksha, moksha (liberazione, liberazione) e semchen tamche, semche tamche (possano tutti gli esseri …[essere felici], possano tutti gli esseri… [essere liberi dalla sofferenza]) ma in realtà le nostre azioni non sono a quel livello. Per cui credo che per le persone non buddhiste, senza parlare di nirvana o della prossima vita, imparare la scienza e la filosofia buddhista possa essere molto utile per semplicemente essere persone più felici. Come accennavo prima, la fonte ultima della felicità è la nostra mente, e a creare realmente i problemi sono le nostre emozioni.

Igiene emozionale

Per affrontare queste fonti di guai, queste emozioni distruttive, dobbiamo conoscere l’intero sistema delle emozioni. In questi giorni parlo di “igiene emozionale” proprio come “l'igiene fisica.” Come parte della nostra educazione, di solito riceviamo lezioni su come prenderci cura del nostro corpo, e similmente abbiamo bisogno di ricevere una sorta di lezione su come prenderci cura delle nostre emozioni, come se si trattasse di una materia di studio accademica, riguardante la salute, e non associata ad alcuna tradizione. Naturalmente noi buddhisti abbiamo una conoscenza molto vasta di queste emozioni e degli stati mentali, di come trasformare le nostre emozioni nel sentiero verso il nirvana, ma nell'ambito secolare c’è bisogno semplicemente di sapere come trattare le emozioni distruttive come la rabbia, l’odio, la paura, e via dicendo.

Perciò i nostri centri, piuttosto che tenere alcune puja (funzioni) o preghiere o canti mentre qualcuno nell’angolo dorme [risate], che va ovviamente bene per i credenti buddhisti, dovrebbero includere anche lezioni sulle emozioni, sulla mente, e sul lorig, o studio della mente. Inoltre, l’Abhidharmakosha (Tesoro di argomenti di conoscenza) e l’Abhidharma-samuccaya (Antologia di argomenti di conoscenza) includono parecchie informazioni sulle emozioni. Ma credo che questo soltanto non sia sufficiente. Si può trovare una spiegazione più dettagliata e profonda delle funzioni mentali nel Pramanavarttika (Un commentario sul “[Compendio di] menti validamente conoscenti” di Dignaga). In tutti i capitoli, ma specialmente nel terzo, Dharmakirti spiega la percezione, e come la nostra percezione funzioni in relazione agli oggetti. Considero tutto ciò come una materia puramente accademica.

Infine, credo che i nostri centri possano essere centri di studio, d’istruzione, e non centri religiosi. Per i credenti buddhisti che lo vogliono possono esserci occasionalmente puja e meditazioni, e cose di questo tipo. Ma, in generale, iniziare puramente ad un livello accademico, con informazioni sulla scienza buddhista e sulla mente, è molto utile. Il pubblico può essere diviso in due categorie – una buddhista e l’altra non buddhista (ma che può includere anche buddhisti) – a cui viene insegnata semplicemente la conoscenza della mente, delle emozioni, o quella che io chiamo una mappa delle emozioni, o mappa della mente.

Al fine di far fronte a queste emozioni distruttive, abbiamo bisogno innanzitutto di avere un quadro completo del vasto campo di informazioni riguardanti le emozioni e la mente. Credo che attualmente gli scienziati moderni non siano molto ben istruiti su queste questioni, e che la scienza della mente non sia ancora sviluppata a sufficienza. Penso che le antiche tradizioni indiane possano essere molto utili in tal senso.

Essere un buddhista del ventunesimo secolo

Quanto a noi buddhisti, di solito dico che dobbiamo essere buddhisti del ventunesimo secolo. Questo significa che le nostre preghiere e meditazioni dovrebbero essere fatte con una piena conoscenza dell’intero sistema buddhista. Lo studio e la pratica della meditazione è molto importante, ma il vero materiale per la meditazione è la conoscenza, che è assolutamente essenziale. I nostri vari centri dovrebbero cercare di spiegare l’intero sistema buddhista.

Video: Geshe Tashi Tsering — “Insegnare il Buddhismo in occidente”
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In un’occasione in America ero a pranzo dopo una riunione e una signora americana mi disse che quando citai la tradizione tibetana come la tradizione di Nalanda, alcuni Kagyupa e Sakyapa non furono pienamente d’accordo, e in quel momento non mi misi a discuterne o cercai di spiegare ulteriormente. Ma veramente i Sakya provengono da Virupa, il quale fu uno dei primi studiosi maestri di Nalanda. Quando stava studiando e insegnando come studioso buddhista il suo nome era Neten Chokyong (gNas-brtan chos-skyong), o Dharmapala. Nel commentario scritto da Wonch'uk del Samdhinirmocana Sutra (Il Sutra che svela ciò che si intende), vi sono molte citazioni dal testo di Dharmapala – e più tardi il suo nome diventò Virupa. Dunque la tradizione Sakya venne da lì, e Virupa stesso era un maestro di Nalanda. Poi per quanto riguarda il lignaggio Kagyu, il quale proviene da Marpa, Milarepa e Gampopa, il principale maestro di Marpa fu Naropa, il quale era anch’egli un grande maestro di Nalanda.

Settarismo e armonia tra le varie scuole

Credo che sia piuttosto importante conoscere queste cose, altrimenti potrebbe sembrare che i Sakya siano stati inventati da se stessi, senza alcuna connessione ad un lignaggio. E lo stesso vale per i Ghelugpa o Kadampa. Ognuno è più o meno indipendente, ma quando entra in gioco il concetto di “noi” e “loro,” seguito dal settarismo, allora succedono cose spiacevoli, e dobbiamo perciò evitarlo. Ho trovato che il Buddhadharma tibetano è la forma più completa e più ricca di Buddhismo. Non ci sono dubbi al riguardo.

Anche la lingua tibetana è importante, essendo la migliore lingua con cui si possano descrivere il dettagliato pensiero e filosofia della tradizione di Nalanda, e credo voi sappiate che ci sono molti buoni traduttori. Lo sapete meglio di me. Questa ricca tradizione sta affrontando oggi molte difficoltà, e in un momento simile tutti i praticanti del Buddhismo tibetano debbono pensare a trovare l’armonia, avere legami stretti è davvero essenziale. Il settarismo in realtà è molto sciocco e mostra una totale mancanza di consapevolezza della realtà. A volte credo che il settarismo nasca semplicemente a causa dei diversi colori dei cappelli. Ci sono i cappelli rossi, quelli gialli, quelli neri e quelli bianchi. Fino ad ora non ci sono cappelli verdi. Penso che potrei introdurre il cappello verde per l’ecologia [risate]. Dunque tutto questo è sciocco ed è dovuto ad una chiusura mentale, al non avere un pensiero sufficientemente olistico. E, soprattutto, con la grave situazione attuale, accadono queste cose così stupide!

Per cui, state attenti. Questo è quello che vi voglio dire, è tutto. Oggi ha davvero piovuto, che brutto tempo. Dopo essere entrati in aereo abbiamo dovuto aspettare penso quasi un’ora. Ma poi infine, per grazia di Dio, siamo arrivati qui [risate]!

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